La Flat Tax applicata al calcio. Basterebbe una netta riduzione dell'aliquota fiscale per far spiccare il volo al calcio italiano?

L'Italia, il nuovo Governo e l'introduzione della Flat Tax. Ma cosa si intende per Flat Tax? Prima di tutto occorre sapere che la Flat Tax è un sistema moderno di tassazione (ma dall'ideazione e applicazione risalente all'Antico Israele) utilizzato prevalentemente in Russia, nei paesi baltici (che hanno avuto grazie ad essa una crescita esponenziale), negli ex stati sovietici e nei paradisi fiscali, che verte esclusivamente sull'applicazione di un'aliquota fissa che non tiene effettivamente conto dei redditi dei contribuenti. Essa sta quindi agli antipodi del sistema di tassazione ancora utilizzato in Italia, dove i contribuenti sono invece tassati attraverso un sistema a scaglioni reddituali, dove l'aliquota aumenta o diminuisce in diretta proporzione al reddito stesso.
L'applicazione della Flat Tax, che è che risale nei tempi moderni a più di cinquant'anni fa, è stata spesso contestata perché tende a diminuire il gettito fiscale destinato all'erario, andando quindi a recedere una consistente fonte di entrate per lo Stato. Tralasciando le manovre che lo Stato stesso dovrebbe attuare in concomitanza dell'applicazione della Flat Tax per ammortizzare la diminuzione della tassazione sui redditi (come ad esempio aumentare un'imposta indiretta come l'IVA), è interessante andare ad osservare come la stessa Flat Tax possa impattare sul sistema calcistico italiano.
Una corposa corrente di pensiero in Italia, crede che il campionato italiano si sia svalutato nel tempo per un problema di tassazione dello stipendio dei calciatori professionisti, che porterebbe gli stessi a scegliere altri lidi fiscalmente meno esigenti. Andando però ad effettuare un confronto tra l'Italia e gli altri quattro paesi principi europei in termini calcistici (Francia, Germania, Inghilterra e Spagna), ci si accorge che il modello fiscale italiano, per quanto riguarda l'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), risulta essere uno dei più "morbidi".
In Francia, l'aliquota massima è del 43% e scatta solo dopo la soglia dei 71 mila euro. In Germania l'aliquota è del 42%, mentre in Inghilterra è pari al 50%. In Spagna esiste l'aliquota del 24%, ma è destinata a lavoratori stranieri che percepiscono sotto i 600 mila euro annui, ad esclusione però degli sportivi professionisti: per questi ultimi l'aliquota applicata e del 47%. In Italia l'aliquota è del 43%.
L'applicazione della Flat Tax può giovare sicuramente al sistema calcistico italiano, perché favorirebbe un netto taglio dei costi agli stipendi dei calciatori: fondi che potrebbero essere reinvestiti per l'accrescimento e il consolidamento di altri settori societari. Gli esempi virtuosi ci sono: in Russia, un calciatore deve attualmente all'erario solo il 13% del proprio stipendio lordo. L'abbattimento dell'attuale aliquota fiscale, potrebbe sicuramente aumentare l'appeal del settore, con nuove figure volenterose di entrarvi, apportando nuovi fondi e nuova linfa economico/finanziaria e non. Potrebbe anche spingere i calciatori d'élite a scegliere l'Italia, proprio per l'aumento del netto degli stipendi.
Occorrerebbe però dettare norme rigide per combattere la possibile speculazione dei procuratori dei calciatori, che potrebbero aumentare le richieste economiche per i propri assistiti e per le proprie commissioni, andando a ledere il vantaggio economico generato a favore delle società dalla stessa tassazione. Insomma, la Flat Tax è una concreta possibilità di crescita per il calcio italiano, ma proprio perché si tratta di Italia, sarebbe necessario architettare delle linee guida solide e nitide che difendano il differenziale positivo ottenibile, dagli squali del settore. Solo attraverso una chiara regolamentazione si potrà ottenere una crescita tangibile di tutto il sistema calcio.


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