L'educazione civica non è business. "Riportare i bambini allo stadio": nessun progetto concreto in Italia

Riportare i bambini e le famiglie allo stadio, è ormai da anni uno degli obiettivi dichiarati dall'intero movimento calcistico italiano. Visite guidate agli impianti sportivi cittadini organizzate dalle scuole. Inviti validi per assistere ad una gara ufficiale, rivolti alle stesse scuole o alle categorie giovanili delle società calcistiche del territorio. L'incontro con un giocatore famoso. Chi più ne ha più ne metta.
Nessuna società però, ha focalizzato la propria attenzione sull'educazione sportiva dei più piccoli.
Il premio Respect Fair Play, è un premio che viene assegnato dalla UEFA alle federazioni calcistiche europee meritevoli di aver definito progetti concreti, che possano apportare significativi benefici al mondo del calcio. Per l'assegnazione di tale premio, viene tenuto in considerazione il comportamento dei giocatori in campo, il comportamento della struttura dirigenziale e quello dei tifosi durante le gare. Nel 2015 però, il premio Respect Fair Play è stato assegnato ai Paesi Bassi, nonostante i fatti di Roma del 19 febbraio 20015, giorno in cui i tifosi olandesi del Feyenoord Rotterdam hanno messo a soqquadro la Capitale. Ciò perchè il Respect Fair Play non tiene conto del comportamento dei tifosi al di fuori dell'impianto di gioco, prima, durante e dopo lo svolgimento di un match.
Occorre quindi passare ad una concezione più ampia, con progetti che possano effettivamente coinvolgere la comunità anche al di fuori della semplice partita e dell'impianto in cui essa si disputa.
Il problema del tifo violento e dell'influenza che questo apporta alle gare e al tessuto cittadino durante il loro svolgimento, è però ancora sotto gli occhi di tutti. Città bloccate, ampi schieramenti delle Forze dell'ordine, trasferte vietate e rischio sempre incombente di violenza gratuita.
Il problema, è che il concetto di riportare i bambini allo stadio è divenuto esclusivamente un sinonimo di business, in cui le società pensano solamente a come apparire migliori davanti all'opinione pubblica, senza dare effettivamente alcun contributo in direzione della vera e propria educazione civica e sportiva dei piccoli tifosi.
Sono state diverse le ammirevoli strategie di marketing promosse dai club italiani negli ultimi anni, come regalare magliette ufficiali ai neonati della propria città (Atalanta B.C.), o promuovere la giornata allo stadio dedicata a padre e figlio (S.S. Lazio). Nessuna società però, si è impegnata concretamente per debellare il concetto di violenza e soprattutto per estirpare la pericolosità dell'emulazione che ancora oggi risulta essere il fulcro del continuum di tutto ciò che in uno stadio e nel calcio, nel 2018, non dovrebbe più esistere. Solo combattendo l'emulazione, dimostrando ai bambini che i veri valori dello sport uniscono e non risiedono nel calpestare le diversità, si può procedere verso un calcio veramente migliore nel futuro. L'ultimo piano degno di nota in tale direzione risale però addirittura al 2006, quando il Piacenza Calcio 1919 attraverso il progetto "Piacenza e la civiltà nel calcio - uno stadio senza recinzioni in una nuova cultura sportiva" (finalizzato all'eliminazione delle recinzioni spalti/campo dello Stadio Leonardo Garilli), aveva portato i ragazzi più meritevoli delle scuole piacentine ad assistere ad una gara di Premier League tra Wigan Athletic F.C. e Aston Villa F.C., conclusasi con 16 arresti per comportamenti scorretti dei tifosi all'interno dell'impianto di gioco: in un questionario successivo alla gara, i ragazzi presenti avevano giudicato i fermi osservati come giustificati e leciti. Attraverso tale progetto inoltre, il Piacenza Calcio 1919, era riuscito ad attirare l'attenzione cittadina verso un calcio privo di violenza, debellando definitivamente una fazione di estrema destra (Reboli), che aveva portato dissesto all'interno dell'ambiente e allontanato la gente dallo stadio. Togliere le recinzioni non basta. Prima di importare un modello funzionante all'estero (come quello inglese), occorre istruire gli italiani ad accoglierlo e a diventarne realmente parte integrante. Fino a quando il concetto di "riportare i bambini allo stadio", sarà oggetto d'interesse solamente quando generatore di ricavi, l'Italia calcistica non muoverà un solo passo in direzione di un futuro migliore.





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