Se la ripartizione dei diritti televisivi di Serie A, premiasse i miglioramenti apportati agli stadi e ai centri di allenamento?

Il decreto firmato dal Ministro dello Sport Luca Lotti, come già affermato in una pubblicazione precedente di EvoluzioneCalcistica (La Serie A è il 6° campionato per competitività in Europa: ecco perchè la modifica alla Legge Melandri in tema di diritti TV era tanto necessaria), certifica il primo passo necessario per una svolta necessaria nella redistribuzione dei ricavi derivanti dalla vendita dei diritti televisivi, in vista di un maggior equilibrio economico e finanziario dei club coinvolti, con l'obiettivo finale di generare un campionato di Serie A maggiormente competitivo.
Andando quindi ad osservare il confronto tra il nuovo decreto e l'ormai modificata Legge Melandri (Legge n°242/1999), si nota una discreta modifica dei parametri interessati per la stessa ripartizione.


Con il decreto Lotti, aumenta la suddivisione in parti eguali del 10%, diminuisce del 5% quella relativa ai risultati globali dei club nel passato e viene data maggiore importanza al risultato dell'ultimo anno, piuttosto che ai risultati ottenuti nell'ultimo quinquennio.
Un parametro su cui va concentrata molta attenzione però, è quello riguardante i tifosi: con il decreto Melandri infatti, i club avevano diritto al 30% dei ricavi, di cui il 5% per la popolazione relativa alla città rappresentata. Il restante 25% veniva attribuito mediante un'indagine complessiva, che decretava in base a share televisivo e tagliandi venduti per match, quanti fossero sul territorio nazionale i tifosi di ogni singola squadra. Il decreto Lotti invece, tende a diminuire del 10% tale parametro.
Perchè però, continuare ad utilizzare un parametro che può rivelarsi aleatorio, come le stime relative al seguito globale generato da una squadra? Logicamente la Juventus F.C. avrà sempre più seguito del Benevento Calcio e il palmarès dei bianconeri sarà sempre molto, ma molto più ampio di quello delle Streghe campane (e della maggior parte delle compagini della Serie A attuale).
I parametri in questione dovrebbero aiutare una società di Serie A nella propria crescita. Parametri del genere, continuano invece a tenere ampia la forbice di differenza delle disponibilità economiche e finanziarie dei vari club ai nastri di partenza del campionato.
In Italia inoltre, per una suddivisione di tale portata, si dovrebbe tener conto di molti altri fattori: gli stadi fatiscenti, che spingono spesso i tifosi a trovare soluzioni differenti dal vedere una partita direttamente sugli spalti di uno stadio. Il livellamento dei prezzi dei tagliandi (che quest'anno hanno visto le neopromosse vendere gli abbonamenti più cari dell'intera Serie A). Il bacino d'utenza cittadino di ogni club: Roma conta quasi 3 milioni di abitanti, mentre Crotone arriva al massimo a 63 mila unità. Tutti i tifosi hanno un abbonamento televisivo per vedere le partite direttamente da casa? Forse no.
É vero che le grandi società meritano i palcoscenici, lo share e gli introiti guadagnati negli ultimi anni. É anche vero però, che continuando in questa direzione, i club meno ricchi prenderanno sempre meno di quelli più blasonati, aumentando nel tempo il differenziale già esistente.
L'Italia calcistica ha bisogno di una svolta totale: perchè non basare la ripartizione dei ricavi telvisivi su parametri di merito reale? Perchè non attribuire fondi ai club che ristrutturano un vecchio impianto di gioco o costruiscono un proprio centro di allenamento all'avanguardia? Perchè non attribuire fondi anche in base all'andamento delle proprie squadre Primavera (spesso lasciate nel dimenticatoio)? O all'esordio in prima squadra di giocatori del vivaio?
Un primo passo è stato fatto e un minimo di cambiamento sarà visibile. Quanto sarà durevole? Soprattutto, quanto sarà efficace?

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