Squadre riserve si, o squadre riserve no? I numeri che dimostrano la necessità italiana di cambiare strategia

Le squadre riserve o le squadre B, sono da anni un argomento molto dibattuto in Italia, Paese in cui ancora non hanno trovato una concreta attuazione. Sono però, realtà di comprovata bontà del movimento calcistico giovanile di diverse federazioni estere, che hanno optato per questo sistema ormai da diversi anni, con veri e propri tornei costituiti esclusivamente per le squadre riserve stesse, o prevedendo il loro inserimento diretto all'interno dei campionati professionistici.
Il modello più interessante e completo tra tutti pare essere quello spagnolo: le squadre B iberiche, partecipano direttamente alle competizioni professionistiche, con il rispetto dell'unica condizione necessaria, ovvero quella di essere iscritte nella categoria inferiore rispetto a quella occupata dalle relative prime squadre. Questa condizione presuppone un'ulteriore doppia regola: in primo luogo, le squadre riserve non potranno mai accedere alla prima divisione spagnola (Liga BBVA) e secondariamente, qualora la prima squadra dovesse retrocedere nel campionato in cui la squadra riserve è iscritta, quest'ultima verrebbe retrocessa d'ufficio nella divisione inferiore.
Il trattamento delle squadre riserve in Spagna, non prevede alcun limite d'età dei giocatori ad esse aggregati, con la possibilità di effettuare passaggi completamente liberi tra la prima squadra e la stessa squadra riserve anche al di fuori della consuetudinaria finestra di mercato, a patto però, che i trasferimenti in questione riguardino esclusivamente i giocatori che non abbiano ancora compiuto i 23 anni, o che comunque siano classificati come U-25, ma che abbiano già sottoscritto un contratto professionistico.
In Italia si è puntato tutto su un'altra tipologia di progettualità che si è dimostrata essere poco redditizia, come la nascita del sistema contributivo destinato alle squadre di Lega Pro per lo schieramento dei giovani calciatori.
Con questo sistema, negli ultimi anni si è assistito alla creazione di un circolo vizioso, dove le squadre di Lega Pro hanno teso a schierare i giocatori solo in base alla loro giovane età, elemento fondamentale per permettere alle società stesse di ricevere contributi economici in base a quanto sancito dagli articoli 15 e 24 del decreto legislativo 9/2008 (Legge Melandri): in questo modo, si assiste spesso allo schieramento di giovani calciatori a scapito di quelli leggermente più anziani (ovvero quelli che non possono più portare diretto profitto), rischiando di interromperne, per motivi prettamente economici, la regolare crescita e maturazione calcistica.
Osservando tale problematica dal lato opposto, si può capire come squadre che non abbiano  necessità di sovvenzioni economiche, non abbiano nemmeno l'interesse di schierare i giovani calciatori in questione.
Questo sistema col passare degli anni, ha provocato di riflesso grandi defezioni per il sistema calcistico italiano. Innanzitutto l'età media della Serie A è la seconda più alta d'Europa, che con 27,3 anni si pone alle spalle della sola Süper Lig turca. L'A.C. Chievo Verona è risultata essere nella stagione 2016/2017, la squadra più vecchia dell'intero continente europeo, con una media d'età pari a 30,1 anni. In Italia solo l'8,6% dei giocatori cresciuti nel settore giovanile di un club, finisce poi per giocare nella relativa prima squadra. In Spagna le opportunità d'esordio in prima squadra sono date al 20,3% dei ragazzi appartenenti ai settori giovanili.
In Italia manca la progettualità di lungo periodo: un giocatore permane mediamente in un club per una durata pari a circa a 2,37 anni, differentemente dai principali campionati esteri, dove la continuità del rapporto è molto più estesa. Il Genoa C.F.C. ad esempio, tiene un giocatore per un periodo medio di addirittura 1,44 anni.
In Serie A vengono contrattualizzati troppi giocatori rispetto a quanti ne occorrano per il progetto sportivo: ogni anno viene ingaggiato il 30% di giocatori in più rispetto ai campionati di Spagna e Inghilterra, con una media di 12 nuovi calciatori messi sotto contratto per club a stagione.
Si può registrare infine, una bassa percentuale di calciatori stranieri tesserati per un club italiano, che giocano nelle relative rappresentative nazionali. Una tendenza involutiva che denota mediamente la bassa qualità dei calciatori stranieri impiegati nel campionato italiano, visto che solo il 26,5% di quelli impiegati in Italia gioca nelle proprie rappresentative nazionali, contro il 40,1% di quelli facenti parte del campionato di Premier League.

































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