"Non trattare con i facinorosi": il modello di repressione statale contro le frange violente delle tifoserie italiane non risolve la situazione

L'Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive, ha pubblicato nel mese di gennaio un documento che riguarda il girone di andata della stagione calcistica 2017/2018 di Serie A, Serie B e Serie C. In tale documento, si fa riferimento esclusivo al grado di sicurezza attuale negli stadi italiani, mediante un confronto globale tra la stessa stagione di riferimento e quella precedente, ovvero la stagione 2016/2017.
I dati sono parecchio allarmanti: gli incontri con feriti sono aumentati da 19 a 30, con un incremento dei feriti tra i civili da 13 a 23. I feriti tra le Forze dell'ordine sono saliti da 21 a 24, mentre gli steward feriti sono aumentati da 1 a 3. La quantità di persone arrestate è aumentata da 18 a 25, mentre la quantità di persone denunciate ha subito un incremento notevole, passando da 343 a 431.
Il confronto con la stagione 2013/2014 però, evidenzia che nella stagione 2017/2018 si è potuto assistere ad un lieve decremento globale della criminalità inerente alle manifestazioni sportive calcistiche italiane: i feriti tra i civili sono infatti diminuiti del 27%, come i feriti tra le Forze dell'ordine, diminuiti del 25%. I feriti tra gli steward sono scesi dell'80%, come le persone arrestate, in decremento del 55%. Un passo in avanti che però, non può assolutamente ritenersi sufficiente.
In Italia infatti è scarsa, o meglio nulla, la partecipazione e la collaborazione dei club in tema di sicurezza (e rapporti con le tifoserie in questa direzione). Non basta predisporre impianti a norma, se poi tra società e sostenitori, manca ciò che si può definire semplicemente come "rapporto umano", soprattutto in un momento storico che vede i tifosi allontanarsi dagli impianti sportivi, con il sentore diffuso di essere stati "traditi" da un calcio sempre più commerciale, che in una direzione totalmente erronea, tende paradossalmente a non tenerli in considerazione.
Il Taylor Report (1990), stilato in Inghilterra dopo i 96 decessi dell'Hillsborough di Sheffield (1989), tra i suoi rigidi dettami in tema d'esclusione dalle manifestazioni sportive di soggetti violenti e pericolosi per la comunità, predicava essenzialmente la necessità di comunicazione tra i tifosi, le società calcistiche e le Forze dell'ordine. Secondo Taylor, i club avrebbero dovuto garantire impianti sicuri e confortevoli, offrendo dialogo e ascolto ai propri supporters, in modo tale da comprendere proprio da questi ultimi le problematiche e le mancanze legate all'impianto di gioco e all'organizzazione dell'evento.
La repressione non ha mai giovato in nessun mondo, compreso quello calcistico: L'Elaborated Social Identity Model (EISM), ovvero uno dei più importanti modelli di studio del comportamento folle, evidenzia come "l'uso della forza può innescare un processo psicologico, tale da trascinare nel conflitto anche coloro che erano giunti ad un evento senza alcuna preventiva intenzione conflittuale".
In Italia andrebbe quindi totalmente rivista la regola che impone il taglio dei ponti tra club e sostenitori, proprio per permettere alle prime di migliorarsi, rendendo contemporaneamente inclusivo ed esclusivo il ruolo del tifoso stesso.
Il "non trattare con i facinorosi" espresso da Napolitano nel 2014, ha solo teso ad inasprire i rapporti tra tifoserie "calde" e Forze dell'ordine, facendo sentire i tifosi come il principale problema del sistema calcistico italiano e le Forze dell'ordine stesse, come l'aspro controllore da eludere.
Sicuramente ci vuole tempo e pazienza. Occorre probabilmente lavorare sulle generazioni più giovani, insegnando loro un modello di comportamento utile per costituire dei veri e propri tifosi modello del futuro. Ma in tutto questo è necessario il dialogo, la comprensione e il consenso. Tre fondamentali concetti che per ora in Italia restano piuttosto vaghi e opachi.  





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