Il calcio femminile: una grande opportunità di crescita economica che l'Italia calcistica non ha ancora compreso

Il calcio femminile è un movimento che, attraverso un'analisi UEFA sulla stagione 2015/2016, dimostra di essere in continua ascesa nel continente europeo, con circa 1,2 milioni di giocatrici tesserate per le relative federazioni calcistiche nazionali. Le calciatrici professioniste sono circa 2.200, appartenenti a 145 squadre, organizzate nei campionati di 23 Paesi.
Le prime cinque Nazioni per numero di giocatrici in Europa, sono: Inghilterra, Francia, Germania, Olanda e Svezia. Il budget stimato per il calcio femminile nelle 54 federazioni che investono su tale categoria, è di 96,7 milioni di euro annui.
In Italia sono stati due, fino a questo momento, i passi concreti per lo sviluppo del calcio femminile: l'organizzazione della gara finale dell'UEFA Champions League femminile del 2016 (disputatasi al Mapei Stadium di Reggio Emilia) e l'obbligo per le squadre italiane di Serie A e di Serie B, di tesserare almeno 12 bambine U12 all'interno dei propri vivai.
Interessante anche la proposta della FIGC in direzione dei club calcistici maschili, ovvero quella di acquisire il titolo sportivo o le partecipazioni di controllo di club femminili affiliate alla FIGC stessa, di Serie A o di Serie B, oppure di concludere con queste degli accordi vertenti sul licensing, per l'utilizzo della propria denominazione, del proprio marchio e dei propri segni distintivi.
In mezzo a questi ottimi propositi però, rimangono delle enormi quanto fondamentali mancanze, che il movimento sportivo italiano non è riuscito ancora a risolvere: le calciatrici italiane non vengono ritenute professioniste a differenza dei relativi colleghi maschi, tutto a causa dell'antiquata Legge n°91 del 1981, che sancisce sostanzialmente quali siano e quali no gli sport professionistici italiani. Le calciatrici femminili, non possono quindi godere delle tutele che un contratto da professionista tende a garantire, rimanendo nell'alquanto vago limbo del dilettantismo: tutto perchè il calcio femminile italiano non detiene un seguito sufficiente, che tende a non generare un ricavo sufficiente per essere preso seriamente in considerazione. Ma se fosse supportato con strategie maggiormente qualitative?
Basta osservare il dato tratto dai Giochi Olimpici di Rio de Janeiro 2016 per comprendere quanto il calcio femminile sia una realtà affermata a livello globale: 61% di share contro il 39% di share ottenuto dal calcio maschile nella stessa edizione.
Proprio osservando tali tendenze registrate a livello mondiale, alcuni club calcistici di prima fascia europei, hanno deciso di implementare delle strategie vincenti d'espansione internazionale. L'F.C. Barcelona ha infatti inaugurato nel 2016 il proprio ufficio negli U.S.A., Nazione dove il calcio femminile sta crescendo in maniera spasmodica: il calcio femminile statunitense, secondo i veritici del club catalano, può divenire un volano di crescita per gli stessi blaugrana in tema di diffusione e consacrazione estera del proprio marchio. L'apertura degli uffici a New York City, non è stata logicamente l'unica mossa dell'F.C. Barcelona: i catalani hanno infatti fondato la propria squadra femminile, che parteciperà alla National Women's Soccer League, campionato di punta del calcio femmile degli States. Ciò tenderà anche ad aumentare e prolunghare la collaborazione tra la Liga BBVA e la Major League Soccer statunitense.
La compagine catalana ha quindi deciso di allargare il proprio bacino d'utenza dove il movimento calcistico si ritrova ad essere in forte espansione. Una strategia in cui la crescita del proprio marchio è correlata alla crescita del calcio femminile, è una strategia vincente su tutti i fronti: da un lato l'aumento dei ricavi, dall'altro l'aumento della condivisione del proprio brand. Tutto grazie al calcio femminile, che probabilmente merita una seria strategia di crescita: molto più di una semplice opportunità.




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