Essere un vero Procuratore o provarci soltanto? Il dubbio amletico posto dalla deregulamentation promossa dalla FIFA

La nostrana FIGC, seguendo i dettami dell'ormai ex presidente FIFA Joseph Blatter, aveva perseguito in data 1° aprile 2015 l'eliminazione dell'esame per divenire Agente FIFA, ovvero la classica figura di procuratore d'interessi dei calciatori professionisti, che fino a quella data era accessibile soltanto dopo un esame a sbarramento, che prevedeva l'accesso ad uno specifico Albo, esclusivo e indispensabile per esercitare la medesima professione.
Quel 1° aprile si rivela un vero e proprio pesce d'aprile per tutti gli Agenti FIFA che quell'esame l'avevano sostenuto, offrendo a chiunque (veramente a chiunque), la possibilità, a fronte di un corrispettivo annuale da versare nelle casse della Federcalcio italiana, di calarsi, o meglio improvvisarsi, nel ruolo tanto bramato di procuratore calcistico.
Le conseguenze sono disastrose, con l'introduzione di personaggi di dubbia fama e di dubbi fini, al contrario di quanto effettivamente necessiterebbe il calcio italiano in questo particolare momento storico: figure professionali, con alle spalle un background di solida formazione calcistica, ma soprattutto legata all'ambito dell'economia e del business management.
Dopo ormai quasi tre anni da questa evoluzione/regresso, si è notata la perdita di forza delle società calcistiche nei confronti delle ambizioni dei calciatori e dei propri rappresentanti, che hanno reso gli "antichi" e solenni contratti, dei semplici vincoli eludibili, spesso mettendo le stesse società nella posizione di dover invertire le proprie programmazioni d'investimento, rischiando di perdere i propri calciatori prima del previsto, riducendone la correlata monetizzazione.
Ora, è giusto proseguire verso l'esasperata liberalizzazione del mercato calcistico? O sarebbe più prolifico ritornare alla professionalizzazione della figura rappresentante? Sarebbe meglio offrire alle società degli interlocutori qualificati e "garantiti", oppure gettare le stesse nell'obbligo di dover avere a che fare con una miriade di sconosciuti con la spocchia di imprenditori new age, che potrebbero addirittura essere nel frattempo accantonati e sostituiti dallo stesso calciatore con nuovi personaggi ancora meno indicati?
La nuova regolarizzazione di tale ambito è necessaria. Ma il business che ha smosso la deregulamentation di questo settore è enorme: corsi per divenire osservatori, procuratori, team manager ecc. Venditori di false speranze e di false professioni. Come se 30 ore di corso insegnassero l'importanza, i vincoli e la redazione di un contratto privato. Se fosse così allora dovrebbero chiudere per sempre le Università e i centri di formazione, perché sarebbero totalmente inutili.
Il dubbio della correlazione tra questo business e la deregulamentation però, esiste ed è saldo. Un po' come avviene nelle catene di lavoro in Egitto: basterebbe un macchinario per velocizzare e rendere efficiente la produzione, ma quel macchinario leverebbe il lavoro a 50 operai, che i sacchi di malta se li passano a mano in lunghe catene umane.




Commenti

Post popolari in questo blog

Quando la burocrazia spezza l'evoluzione italiana: l'assurdo caso dell'S.S. Monza 1912 e dello "Stadio Brianteo"

Dalla vittoria dei più importanti tornei giovanili alla Serie A: in quanti ce la fanno?